Esistono diversi test che consentono di verificare la positività al SARS-CoV-2 (meglio noto come COVID-19). Attualmente si possono usare i tamponi molecolari, i test rapidi e gli esami sierologici, ma quali sono le differenza? A quali affidarsi?
Attualmente il tampone molecolare è lo standard con cui si diagnostica l’infezione da COVID-19. Ma la saturazione raggiunta dal sistema di tracciamento nelle Regioni italiane sta mostrando un limite che è anche concausa dell’aumento dei contagi in corso.
Ci sono infatti persone che rimangono in attesa di essere sottoposte al test per giorni (nel frattempo, non è detto che vivano in isolamento). A ciò occorre aggiungere che i laboratori – in condizioni normali – impiegano in media 24 ore per svelare l’esito di un tampone. Ma con l’attuale carico di contagi, capita di aspettare anche una settimana prima di avere l’esito.
Al fine di offrire un quadro di maggior chiarezza e consapevolezza del tipo di esami disponibili, vi proponiamo una fotografia di quanto ad oggi offerto in Italia.
Tampone molecolare
Al momento – è bene chiarirlo – il tampone nasofaringeo rimane il test più affidabile per stabilire il contagio con Sars-CoV-2. Il suo funzionamento si basa sulla ricerca dei frammenti del materiale genetico (RNA) di cui è composto il virus.
Il materiale biologico da analizzare viene prelevato dalle cavità nasali della persona grazie a un tampone al fine di riscontrare l’eventuale positività del soggetto al virus. Si tratta, ad oggi, del test più attendibile per la diagnosi. Nei laboratori pubblici infatti si tratta dell’unico ad essere impiegato.
Il vero limite di questo tipo di esame consiste nella lentezza nell’ottenere i risultati. Infatti, non ci sarebbero (quasi) problemi se si riuscisse a rispettare un’attesa compresa tra le 24 e le 48 ore. Ma, ormai quasi dappertutto si va oltre i tre giorni, con tempi che nelle aree più in affanno arrivano anche a una settimana. Risultato: oggi il tampone molecolare viene offerto quasi esclusivamente a chi ha più sintomi riconducibili a un’infezione da Sars-CoV-2 (e ai suoi eventuali contatti nelle stesse condizioni). La sola febbre, in molti casi, viene «gestita» con l’isolamento fiduciario e un’eventuale terapia a domicilio.
In ogni caso è opportuno, al fine di non sovraccaricare ulteriormente un sistema in forte pressione, contattare il proprio Medico di Medicina Generale per ricevere le migliori indicazioni e azioni da porre in essere
Tamponi rapidi
Al fine di poter fronteggiare questa situazione, si va verso un più largo uso dei tamponi rapidi che, a partire dal Veneto, saranno presto disponibili negli studi dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Si tratta di test che (a differenza di questi molecolari) non ricercano il genoma del virus, ma la presenza degli antigeni di superficie.
Da qui l’indicazione di tamponi antigenici, per descrivere un’indagine che almeno nelle modalità viene svolta allo stesso modo del tampone molecolare (con prelievo nasofaringeo). Il grande vantaggio di questo tipo di test consiste nei tempi di risposta restituendo il risultato in meno di mezz’ora.
Se la velocità è il punto di forza dei tamponi rapidi, soprattutto in un periodo come questo, tuttavia questi dispositivi forniscono qualche garanzia in meno in termini di sensibilità (capacità di identificare le persone malate).
Ragion per cui – per esempio – in caso di positività è richiesta comunque la conferma del tampone molecolare.
Quanto alla specificità (capacità di individuare le persone sane), in alcuni casi, un iniziale esito negativo non si è poi rivelato tale con il passare dei giorni (con la comparsa di sintomi). In questo caso, il rischio è quello di dare la «patente» di sano a chi è (senza saperlo) contagioso. Un simile scenario, secondo gli esperti, è più probabile se a sottoporsi al test è una persona con una bassa carica virale o che è alle battute finali della malattia..
A cosa servono i test sierologici
Mentre i test molecolari individuano il virus nell’organismo del paziente, i test sierologici (o immunologici) permettono di misurare la presenza degli anticorpi che il sistema immunitario produce in risposta all’infezione del virus Sars-CoV-2.
Un’indagine di questo tipo non svela pertanto se il paziente ha una infezione in atto, dal momento che le immunoglobuline compaiono con un ritardo di qualche giorno rispetto all’esordio dei sintomi (e rimangono nell’organismo del paziente anche dopo che l’infezione è stata superata).
Questi test sono invece più utili per capire lo stato di diffusione del virus in specifici gruppi a rischio anticorpi (studi di sieroprevalenza) o per valutare lo stato di immunizzazione della popolazione in previsione della riapertura delle attività lavorative e sociali.
Ad oggi, sono disponibili due tipi di test sierologici:
- test convenzionali,
- test rapidi.
I test convenzionali richiedono alcune ore per essere effettuati, devono essere eseguiti in laboratori dotati di attrezzature complesse e forniscono risultati di tipo sia qualitativo (presenza o meno degli anticorpi) sia quantitativo (titolo anticorpale).
I test rapidi, invece, possono essere utilizzati anche al di fuori dei laboratori (risultato in un quarto d’ora). Deponendo sul dispositivo una goccia di sangue o di plasma, la presenza di anticorpi viene visualizzata mediante la comparsa di una banda colorata o di un segnale fluorescente letto con un piccolo apparecchio.
Si tratta di un’indagine qualitativa, che non offre informazione sulla quantità e sulla capacità protettiva degli anticorpi.
(fonte: Fondazione Veronesi)