Come era facile prevedere l’ormai conosciuto coronavirus ha mutato la sua forma per diventare quella che oggi viene semplicemente indicata come variante Delta.
Conoscere questa variante consente di combatterla al meglio e soprattutto di prevenire nuovi contagi che potrebbero portare a nuove restrizioni della quali, sinceramente, non ne sentiamo la mancanza.
Periodo di incubazione
Sapere quanto dura l’incubazione è molto utile per prevenire la diffusione del contagio. Durante questo periodo, infatti, il virus si moltiplica nell’organismo anche senza dare sintomi. In questo periodo, noto anche come periodo “pre-sintomatico”, le persone contagiate possono trasmettere la malattia.
La letteratura medica ci parla di una media attorno ai 5-6 giorni e, in casi più rari, di un range temporale da 2 a 14 giorni.
I sintomi
La prima differenza sostanziale con la versione Alfa del COVID-19 è che l’infezione da variante Delta non produce più la perdita dell’olfatto e del gusto che invece era una delle caratteristiche immediatamente avvertibili della malattia sintomatica.
I sintomi tipici sono prevalentemente a carico dell’apparato respiratorio: raffreddore, naso che cola, mal di gola e mal di testa. Poi la febbre e solo dopo la tosse. Raramente si osserva appunto l’anosmia, vale a dire la perdita dell’olfatto.
La contagiosità
Altra differenza tra la variante Delta e la variante Alfa è la contagiosità. Questa variante presenta una carica virale molto più alta rispetto al ceppo originario, per cui la variante Delta è molto più contagiosa.
Chi è a rischio
A rischio sono le persone non vaccinate non hanno difese contro Delta. Le persone parzialmente vaccinate hanno bassi livelli di anticorpi neutralizzanti. È facile per la variante Delta superare gli anticorpi solo con la forza della carica virale.
Le persone vaccinate, cioè che hanno concluso la prassi vaccinale, presentano titoli elevati di anticorpi neutralizzanti e risposte delle cellule B e T della memoria. È molto più difficile per Delta sopraffare queste difese semplicemente lanciando loro più virus.
Anche se la maggior carica virale può spiegare le reinfezioni (o infezioni) tra i vaccinati: una dose sufficientemente alta di virus può superare le difese indotte dal vaccino abbastanza da causare un’infezione, sebbene l’immunità indotta dal vaccino stesso limiterà, nella maggior parte dei casi, la gravità della malattia.