L’ambulanza moderna, per come la intendiamo ai nostri giorni, è un concetto legato ai mezzi di trasporto.
Il padre del concetto moderno di ambulanza fu il barone Dominique Jean Larrey (1766-1842), chirurgo capo della Grande Armée di Napoleone Bonaparte. Larrey diede vita all’ambulanza volante, un mezzo che trasportava i feriti e che prevedeva un salutare ricambio d’aria.
Egli decise di costruire due carri distinti: uno per il trasporto di due feriti e uno per il trasporto di quattro feriti. Con questa intuizione, Larrey contribuì a salvare migliaia di vite umane durante la battaglia.
Prima infatti si attendeva la fine e le persone che avevano una speranza di salvarsi, morivano dissanguate per mancanza di un soccorso.
In seguito vennero creati corpi di barellieri e infermieri. Questo sistema di soccorso fu presentato per la prima volta nel 1797 a Udine da Napoleone e il suo Stato Maggiore. Col passare degli anni, i metodi di trasporto e le modalità migliorarono visibilmente. I prussiani, verso la fine del XIX secolo, iniziarono ad usare lettighe a ruote che potevano essere trasportate da un solo soccorritore (o da un animale).
Quasi sempre queste lettighe consentivano la privacy del volto del paziente grazie a tendalini pieghevoli.
La nascita dei “carri ambulanza”
Durante la terza guerra d’indipendenza (1866) si cominciarono a diffondere in Italia i primi carri ambulanza. Fu opera di Agostino Bertani, che progettò un veicolo montato su quattro ruote e sette molle in grado di trasportare otto feriti.
Alessandro Locati perfezionò l’idea di Bertani e divenne famoso alla mostra di Filadelfia del 1876.
Nel 1882 in Europa nacque la Saint Andrews Ambulance Association, che operava nell’intera Scozia e nel 1887 e la pietra miliare del Commonwealth: la St. John Ambulance Brigade.
A La Spezia nel 1892 si riunirono più di 50 sodalizi che “premiarono” il carro leggero. Lo spazio interno consentiva anche ad un soccorritore di stare accanto al trasportato. Con la costruzione di grandi ospedali sorsero anche servizi di ambulanze che si appoggiavano ad essi e attorno agli anni Venti, si iniziò a privilegiare l’automobile.
Dal carro all’automobile
L’automobile fu la svolta: era dotata di una sola barella centrale e consentivano di avere tre attendenti a bordo dei mezzi. Le grandi ambulanze iniziano a prendere le caratteristiche attuali.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale portò a un rapido sviluppo degli automezzi e la Croce Rossa iniziò a occuparsi del soccorso in ambito civile.
Nel 1959 in Italia comparve l’obbligo di lampeggiante blu: la filosofia era sempre quella di correre verso l’ospedale.
L’Italia degli anni Sessanta era il regno dei furgoni, che costituivano la base per la maggioranza delle ambulanze. Il Fiat 1100 T era forse il più diffuso, alternativa era la produzione della Alfa Romeo. Gli interni erano semplici e spartani e la barella era piuttosto pesante ed era necessario appoggiarla su un carrello all’arrivo in ospedale.
Negli ultimi anni, le ambulanze sono diventate dei piccoli ospedali in movimento grazie alla tecnologia e alle innovazioni in campo scientifico.
Trasferimento in sicurezza dei pazienti in ambulanza, quali sono le norme da rispettare?
Nel corso dei secoli, il trasferimento dei pazienti è migliorato notevolmente. La sicurezza del paziente è fondamentale e la legislazione attuale è molto ferrea.
Eseguire un trasferimento sanitario di un paziente richiede infatti precisione e professionalità. La salute del malato deve essere sempre al centro dell’intera operazione.
In Italia le ambulanze seguono la normativa europea PrEN1789 e il decreto legge del 17 ottobre 1987 numero 553, detto anche “normativa tecnica e amministrativa delle autoambulanze”.
Il codice della strada (DPR 285/92) individua le autoambulanza come autoveicoli per uso speciale (regolamento di applicazione del cds art 203) e l’articolo 54, in particolare, ne regolamenta l’utilizzo.
Al punto G si parla di “veicoli caratterizzati dall’essere muniti permanentemente di speciali attrezzature e destinati prevalentemente al trasporto proprio. Su tali veicoli è consentito il trasporto del personale e dei materiali connessi col ciclo operativo delle attrezzature e di persone e cose connesse alla destinazione d’uso delle attrezzature stesse”. Anche il DPR 553/1987 conferma che le ambulanze sono autoveicoli destinati al trasporto di persone in particolari condizioni e distinti da una particolare attrezzatura relativa a tale scopo.
I parenti possono salire in ambulanza?
In linea di massima, i parenti non possono salire sull’ambulanza. Fa fede la Convenzione di Oviedo:
“La Convenzione consacra il principio che la persona interessata deve dare il suo consenso prima di ogni intervento, salvo le situazioni di urgenza, e che egli può in ogni momento ritirare il suo consenso. Un intervento su persone incapaci di dare il proprio consenso, per esempio su un minore o su una persona sofferente di turbe mentali, non deve essere eseguito, salvo che non produca un reale e sicuro vantaggio per la sua salute”.
In caso di minore o di incapace a intendere quindi il il tutore legale può salire a bordo del mezzo di soccorso. In altri casi invece la presenza di terze persone a bordo del mezzo di soccorso non è prevista.
Assistenza con unità mobile di rianimazione, quando è obbligatorio?
Il sistema sanitario italiano prevede anche varie Unità Mobili di Rianimazione (identificata secondo il Comitato Europeo di Normazione come Ambulanza di Tipo A). Sono ambulanza speciali perfettamente equipaggiate per il trasporto dei pazienti critici.
Il personale all’interno è altamente qualificato e addestrato al servizio emergenza. Sul mezzo infatti ci sono attrezzature elettromedicali per il supporto e il monitoraggio delle funzioni vitali.
Questa ambulanza è obbligatoria in caso di trasporto di pazienti critici, in caso di incidenti stradali o di calamità in genere. Questa ambulanza è in grado di sostituire l’elicottero sanitario nel caso in cui non possa essere utilizzato per problematiche di volo.
Il servizio di Unità Mobile diventa obbligatorio per gli eventi e le grandi manifestazioni.