I Volontari della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, nella loro opera di aiuto e soccorso, si ritrovano spesso ad agire in situazioni particolarmente stressanti da un punto di vista emotivo.
Il Volontario non è un superuomo, imperturbabile e immune al dolore e alla sofferenza.
I Volontari sono prima di tutto delle persone che sentono e soffrono come tutti gli altri. Uno degli errori più facili da commettere, infatti, concerne la negazione, conscia o inconscia, delle emozioni provate.
Non bisogna, certo, farsi travolgere dalla propria emotività, pena l’insuccesso dell’intervento, ma per tutte le fasi del soccorso è essenziale che ogni volontario dia pieno riconoscimento e dedichi la dovuta attenzione alla propria sfera emotiva e a quella dei suoi colleghi. Ciò costituisce anche una forma di protezione verso se stessi e verso l’intera squadra.
È necessario, pertanto, essere ben preparati e adeguatamente motivati prima di ogni servizio, e che si abbiano buone capacità di reazione.
Non è insolito iniziare un servizio pieni di carica e con l’adrenalina a mille e poi farsi prendere dall’ansia, dalla paura, dal senso d’impotenza o da cali di autostima. Alcune situazioni possono coinvolgerci più di altre ed essere, di conseguenza, più difficili da affrontare.
Come comportarsi in questi casi?
Innanzitutto, come già detto, bisogna riconoscere, accettare e gestire serenamente tutte le emozioni che affiorano. Non sono mostri da combattere o peccati di cui vergognarci, ma il segno che siamo esseri umani dotati di sentimenti e sensibilità. Quando un’emozione non viene sufficientemente elaborata, diviene tossica, disfunzionale e, oltre ad esporre al rischio di errori in fase di soccorso, può determinare, in un tempo successivo, la comparsa di disturbi clinici, come il Disturbo Acuto da Stress o il Disturbo Post – Traumatico da Stress (osservato e studiato per la prima volta nei soldati reduci dalla Prima Guerra Mondiale).
Assume, pertanto, estrema importanza l’attitudine di prestare ascolto ai turbamenti vissuti, nella consapevolezza che anche le emozioni negative possono aiutarci a divenire volontari più attenti e maturi. Soprattutto, risulta fondamentale la capacità di adottare un sano stile comunicativo con il gruppo e all’interno di esso. Il gruppo può essere una preziosa risorsa per ogni singolo volontario: può consentire la condivisione dei propri stati d’animo, la comprensione reciproca, la sensazione di non essere soli, uno spirito solidale e collaborativo.
È assolutamente normale sentirsi sopraffatti da ondate di emozioni dopo interventi che richiedono un oneroso impegno emotivo, ma bisogna sempre porre in essere la funzione protettiva e curativa svolta dal gruppo, con momenti di confronto, spazi di discussione e contenimento, tecniche psicologiche ad hoc che favoriscano e incrementino l’ascolto, l’espressione e l’accoglienza.
Una volta garantita la nostra protezione dal punto di vista psico – emotivo, dobbiamo preoccuparci del benessere psicologico ed emozionale, e non solo di quello fisico, delle persone a cui prestare soccorso e assistenza.
Affinché si instauri una relazione proficua tra soccorritore e persona soccorsa e che la stessa si ripercuota positivamente sullo svolgimento e sull’esito dell’intervento, è indispensabile mettere in atto una comunicazione idonea alla natura dell’evento, finalizzata alla creazione di un rapporto di fiducia.
Prima di ogni cosa, si deve rendere edotto il paziente, se cosciente, di quanto sta avvenendo, spiegandogli cosa gli è successo e come ci adopereremo per prestargli soccorso. Qualora il paziente dovesse esprimere preoccupazioni o chiederci ulteriori delucidazioni, dovremo sempre rispondere in maniera chiara ed esaustiva, adeguandoci al suo grado di istruzione e al suo linguaggio, senza sottovalutare o sminuire la sua apprensione e i suoi timori.
Oltre a cosa diciamo, dobbiamo stare attenti a come lo diciamo, a come ci poniamo nei confronti della persona.
La voce deve essere calma e rassicurante, già questo serve enormemente ad infondere fiducia e tranquillità; lo sguardo deve essere diretto, a dimostrazione del fatto che il paziente viene riconosciuto e compreso nella sua individualità; ci si deve rivolgere alla persona chiamandola per nome, al fine di farla sentire accolta e importante; bisogna sempre far corrispondere la comunicazione verbale a quella non verbale, sia ad un livello paralinguistico (tono pacato, ritmo lento), sia ad un livello cinesico (gesti, postura del corpo e mimica facciale coerenti con ciò che si comunica).
Sono tutti accorgimenti che aiutano a sviluppare empatia e ad entrare in connessione con l’altro e, di conseguenza, ad aumentare esponenzialmente le possibilità di buona riuscita dell’intervento.
Essere Volontari della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa può richiedere un grosso dispendio di energia psichica, può comportare sfide emozionali e crisi personali, che a volte arrivano a lasciare tracce indelebili nella nostra memoria, come ferite dell’anima incancellabili. Eppure sono proprio queste cicatrici ad insegnarci la strada per comprendere il complesso mondo della nostra vita interiore e per essere fonte di aiuto per colleghi e pazienti, oltre che per noi stessi.
Così facendo, giorno dopo giorno, servizio dopo servizio, abbiamo l’opportunità di diventare Volontari sempre migliori.