Ferdinando Palasciano, o più esattamente Ferdinando Antonio Palasciano, è un illustre personaggio che a noi, Volontari della Croce Rossa, che sta a cuore. Infatti, è uno dei precursori di quel movimento mondiale conosciuto oggi con il nome di Croce Rossa.
Ferdinando nacque a Capua, nell’ordierna provincia di Caserta, il 13 giugno 1815. La vita scolastica di Palasciano non è ben conosciuta, ma fu sicuramente brillante, tanto che, compiuti i primi studi presso il Seminario di Capua, all’età di soli 25 anni aveva già conseguito tre lauree: in Belle Lettere e Filosofia, in Veterinaria e in Medicina e Chirurgia.
Da giovane medico servì militarmente i Borboni rimanendo nell’esercito borbonico fino al 1849. L’esperienza vissuta quale Ufficiale medico contribuì naturalmente a formarlo sia professionalmente che sotto il profilo umano.
Si interessò ai problemi di igiene dei soldati, non di certo uguale a quella di oggi, ma soprattutto maturò in lui quell’esperienza impareggiabile sulle patologie traumatiche e da armi da fuoco. Oggi lo si definirebbe un “chirurgo di guerra”.
Nella metà del 1800 l’Italia era attraversata da moti rivoltosi tendenti all’unità della patria; anche i cittadini del Regno delle due Sicilie parteciparono a tali moti, tanto che re Ferdinando II di Borbone per reprimere la rivolta del 1848 nella città di Messina fu costretto a farla bombardare, meritandosi l’appellativo di “Re Bomba”.
I violenti scontri che si ebbero tra gli uomini dei Borboni e i rivoltosi, lasciarono numerosi feriti sul campo di battaglia. Fu allora che il generale Filangeri, comandante delle truppe borboniche, costretto dalla penuria dei mezzi e dall’elevato numero di vittime, ordinò che fossero curati solo i suoi soldati e lasciati al proprio destino i feriti considerati nemici.
Ferdinando Palasciano, però, curò con la stessa scienza e coscienza sia i feriti borbonici che i rivoltosi e anche i numerosi civili vittime della feroce ed indiscriminata repressione.
Tale disobbedienza non restò impunita. Infatti, il generale Filangieri lo portò davanti al Tribunale di Guerra “[…] perché si fece spontaneo custode della vita dei feriti delle fila nemiche […]” ed egli si difese dicendo “[…] la mia missione di medico è troppo più sacra del dovere del soldato […]” e sottolineò come “[…] la vita dei feriti di guerra fosse sacra e che essi dovessero essere considerati neutrali […]“.
Era nata l’idea della neutralità e dell’intoccabilità dei feriti, in pratica era nata l’idea che è alla base della Croce Rossa.
Palasciano fu condannato alla pena capitale, pena che Re Ferdinando, più per motivi politici che per i meriti scientifici del Palasciano, commutò in un anno di reclusione.
Dopo la scarcerazione Ferdinando Palasciano si interessò ancora ai problemi di sanità militare lottando con energia affinché venisse riconosciuta la neutralità dei feriti di guerra.
Caduta la monarchia borbonica, Palasciano potè esporre liberamente le sue idee e, in occasione del Congresso Internazionale dell’Accademia Pontaniana svoltasi a Napoli nell’aprile del 1861, affermò:
“Bisognerebbe che tutte le potenze belligeranti, nella Dichiarazione di Guerra, riconoscessero reciprocamente il principio di neutralità dei combattenti feriti per tutto il tempo della loro cura e che adottassero rispettivamente quello dell’aumento illimitato del personale sanitario durante tutto il tempo della guerra“.
Questo discorso ebbe un vasto eco in tutta Europa, discorso che, tre anni più tardi, sarà alla base della Convenzione di Ginevra. Con quelle parole Palasciano proclamò per la prima volta, uno e forse il più importante dei principi fondamentali della Croce Rossa di cui egli è giustamente ritenuto il precursore.
Nonostante la sua carriera brillante come chirurgo sia in Italia che all’estero, l’aver ottenuto riconoscimenti nazionali ed internazionali per la sua attività di chirurgo ma anche per il suo patriottismo e per la sua umanità, subì anche diversi torti.
Infatti il governo italiano, invitato da quello svizzero a nominare un delegato che lo rappresentasse in occasione dell’assemblea costitutiva della Croce Rossa, fece il nome del Dott. Baroffio e del Capitano Cottrau anziché quello di Ferdinando Palasciano che tanto aveva dato affinchè quell’idea fosse realizzata.
È giusto, a questo proposito, ricordare quanto fu scritto da Francesco Garofano Venosta, illustre storico della Medicina e profondo conoscitore di Palasciano:
“La cronaca, la semplice cronaca della vita di Ferdinando Palasciano è più eloquente di ogni altra cosa. Ragguardare le date, raffigurare gli eventi, specie se posti al lume del periodo storico nel quale si svolsero, significa anche spiegarsi tanti motivi: la mollezza di un’epoca cadente (quella borbonica), l’inesperienza di un’Italia troppo giovane, la mancanza di uomini politici che potessero farsi valere in campo internazionale. Ma colpa non ne facciamo a nessuno. La storia, questa giustiziera senza incertezze, questa dea implacabile ed inesorabile saprà, in uno con gli uomini di oggi, essere la giusta vindice di Ferdinando Palasciano“.
Amorevolmente assistito da pochi amici e dalla moglie Olga de Wavilow, una nobile di origine russa, Ferdinando Palasciano morì a Napoli il 28 novembre del 1891. Fu sepolto nel recinto degli uomini illustri del cimitero di Poggioreale.